L’argomento affrontato è l'opera di Heidegger Der Satz vom Grund, principio altrimenti noto come principium rationis, ovvero il principio di ragione (o tesi del fondamento), che recita: Nihil est sine ratione, formulato da Leibniz nel XVII secolo. Obiettivo dichiarato di Heidegger è smascherarne la presunta ovvietà per dimostrare come la “banalità” del principio di ragione non dipenda dalle sue possibilità intrinseche, ma da un modus cogitandi tipico del pensiero occidentale. A tale scopo è opportuno compiere un mutamento del modo di pensare ottenibile solo costruendoci un cammino che ci conduca a riscoprire il senso mai esplicitato, non immediatamente «udibile», del principio.
Commento a Il principio di ragione di Martin Heidegger
di Carmine Ferrara
L’argomento affrontato è l'opera di Heidegger Der Satz vom Grund, principio
altrimenti noto come principium rationis, ovvero il principio di ragione (o tesi del
fondamento), che recita: Nihil est sine ratione, formulato da Leibniz nel XVII
secolo. Obiettivo dichiarato di Heidegger è smascherarne la presunta ovvietà
per dimostrare come la “banalità” del principio di ragione non dipenda dalle sue
possibilità intrinseche, ma da un modus cogitandi tipico del pensiero
occidentale. A tale scopo è opportuno compiere un mutamento del modo di
pensare ottenibile solo costruendoci un cammino che ci conduca a riscoprire il
senso mai esplicitato, non immediatamente «udibile», del principio.
Università: Università degli Studi di Salerno
Facoltà: Lettere e Filosofia
Corso: Filosofia
Esame: Filosofia teoretica
Docente: Francesco Tomatis1. Genesi e struttura de Der Satz vom Grund
Der Satz vom Grund è un’opera dell’ultimo Heidegger. Essa si compone di tredici lezioni tenute da
Heidegger all’Università di Friburgo in Brisgovia nel semestre invernale 1955-1956, e di una conferenza
svoltasi il 25 maggio del 1956 nel Club di Brema e il 24 ottobre dello stesso anno nell’Università di Vienna.
Il testo presenta l’andamento tipico di un corso universitario: procede per approfondimenti graduali,
ritornando più volte su cose già dette per evitare che si perda il filo del discorso, e aggiungendo, di volta in
volta, elementi di novità.
L’argomento affrontato (lo si apprende dal titolo) è il Satz vom Grund, altrimenti noto come principium
rationis, ovvero il principio di ragione (o tesi del fondamento), che recita: Nihil est sine ratione, formulato
da Leibniz nel XVII secolo. Obiettivo dichiarato di Heidegger è smascherarne la presunta ovvietà per
dimostrare come la “banalità” del principio di ragione non dipenda dalle sue possibilità intrinseche, ma da
un modus cogitandi tipico del pensiero occidentale. A tale scopo è opportuno compiere un mutamento del
modo di pensare ottenibile solo costruendoci un cammino che ci conduca a riscoprire il senso mai
esplicitato, non immediatamente «udibile», del principio.
Carmine Ferrara Sezione Appunti
Commento a Il principio di ragione di Martin Heidegger 2. Necessità e modalità del 'salto del pensiero'
Si può giungere a questo cammino solo compiendo un salto (Sprung) del pensiero che ci conduca «senza
ponti, cioè senza la continuità di un avanzamento progressivo, in un altro ambito e in un altro modo del
dire». Il atto che non vi sia un avanzamento progressivo, che nessun ponte possa congiungere il pensiero
della tradizione, giunto ormai al suo compimento, e la nuova modalità del pensare configurabile solo a
partire dal salto, non significa rigettare completamente il pensiero occidentale. Tale salto, infatti, si
configura sempre come un balzare via (Ab-Sprung) dall’ambito di pensiero che ha costituito la linea guida
della filosofia occidentale: «ciò da cui il salto del pensiero balza via non viene, in tale salto abbandonato; al
contrario, soltanto a partire dal salto, l’ambito da cui spiccare il balzo (Absprungbereich) risulta
individuabile, e in un modo diverso che in precedenza. Il salto del pensiero non lascia dietro di sé ciò da cui
esso balza via, ma, anzi, se ne appropria in modo più originario. Da questo punto di vista, il pensiero, nel
salto, diviene pensiero rammemorante (Andenken), non di qualcosa che è genericamente “passato”
(Vergangenes), ma del “già stato” nel senso più proprio (das Gewesene). Intendiamo con questo la raccolta
di ciò che, per l’appunto, non passa, ma è per essenza (west), e cioè perdura (währt), concedendo (gewährt)
visioni nuove al pensiero rammemorante. In ogni “già stato” si cela un concedere i cui tesori spesso
rimangono per lungo tempo sottoterra, ricchezze che tuttavia pongono sempre di nuovo il pensiero
rammemorante di fronte a una fonte inesauribile»1. È dunque in questa «fonte inesauribile» costituita dal
pensiero occidentale, nel «già stato» di questa tradizione, che si celano nuove forme del pensare, nuovi modi
di intendere ciò che si è compreso in maniera univoca. Così si giustifica il riferimento ai grandi autori del
passato quali Eraclito, Aristotele, Leibniz e Kant: è rileggendo le loro opere, s-velando il loro senso
implicito, che si prepara il salto in una nuova contrada del pensiero.
Carmine Ferrara Sezione Appunti
Commento a Il principio di ragione di Martin Heidegger 3. Il principio di ragione è ‘tesi dell’essere’, non dell’ente
L’indagine heideggeriana sulla tesi del fondamento segue un «filo conduttore»: prima di dire qualcosa
intorno al contenuto della tesi, intorno all’essenza del fondamento cui essa sembra riferirsi, occorre «girare
attorno alla tesi del fondamento» procedendo per vie indirette. Questo procedimento «deve condurci a una
posizione dalla quale possiamo anzitutto ottenere una coscienza più precisa di come la tesi del fondamento
si presenta nell’ambito del pensiero occidentale», per poi rivelarci che nel modo in cui è stata
tradizionalmente pensata «la tesi del fondamento non è un’asserzione diretta sull’essenza del fondamento.
[…]. [Essa] parla sì del fondamento, e tuttavia non è un’asserzione sul fondamento in quanto fondamento».
Secondo la tradizione, essa è una tesi che asserisce qualcosa intorno all’ente, è «tesi dell’ente», in quanto,
nella proposizione Nihil est sine ratione, «Niente è senza fondamento», ovvero «Ogni ente ha un
fondamento», il soggetto intorno al quale si asserisce l’avere un fondamento è, per l’appunto, «Ogni ente».
Il salto in un nuovo modus cogitandi può, tuttavia, rivelarci qualcosa di completamente diverso e
sconcertante: la tesi del fondamento non è una proposizione che asserisce qualcosa intorno all’ente, non è
«tesi dell’ente», ma è tesi del fondamento nel senso più vero del termine: essa asserisce qualcosa intorno al
fondamento che è l’essere; essa è «tesi dell’essere». La «duplice tonalità» in cui la tesi ha da sempre
risuonato ci svela proprio tale sconvolgente rivelazione:
1. Nihil est sine ratione. È la tonalità abituale in cui la tesi del fondamento è stata da sempre letta, ma, come
abbiamo già inteso, «la tesi del fondamento, intesa nel modo abituale, non è una asserzione sul fondamento,
bensì sull’essente, nella misura in cui esso è di volta in volta un ente». Questo è l’ambito dal quale bisogna
effettuare il salto nella nuova tonalità della tesi.
2. Nihil est sine ratione. È la tonalità nuova, «decisiva», la quale solamente può fornirci delucidazioni sul
fondamento.
Ma non indugiamo oltre in questa premessa. Tenendo presenti le linee guida appena descritte, cerchiamo di
seguire il percorso che Heidegger ha approntato al fine di comprendere in profondità il contenuto del testo.
Carmine Ferrara Sezione Appunti
Commento a Il principio di ragione di Martin Heidegger